L’arabo nelle serie tv (1)

Complice il COVID-19, in questi giorni di clausura sto esplorando le serie tv originali in arabo disponibili su Netflix. Si possono trovare cose interessanti, anche ai fini didattici o di autoapprendimento della lingua.

Mi riprometto di scrivere un post su tutte le serie in arabo disponibili su Netflix, una specie di guida tv per studenti di arabo o aspiranti tali.

L'immagine a corredo di questo post è un frame della serie “Gharābīb Sūd” (“Corvi Neri”). Uscita nel Ramadan del 2017, fece abbastanza discutere, poiché si proponeva di mostrare il “volto disumano” dello Stato Islamico al suo interno. Vi sono vari personaggi che, per un motivo o per l’altro sono finiti a vivere nel Califfato, chi per scelta, chi per disgrazia, per ignoranza, per vendetta, per le delusioni della vita, ecc. Le loro storie si intrecciano e la serie si dipana in 30 puntate.

C’è il buono, il cattivo, il vile, l’eroe, il saggio, lo scemo, tutto declinabile anche al femminile ovviamente: la buona, la cattiva, la scema, ecc.

Non un granché. Stile “Paco & Chico” con quel rassicurante profumo di trash che a me piace (il giusto). Una menzione speciale meritano le inarcatissime sopracciglia delle protagoniste, a prova di fiumi di lacrime, torture, lavori forzati e disgrazie varie.

Folklore a parte, questa serie offre degli spunti didattici visivi piuttosto utili.

Essendo una serie popolar-pan-araba, i personaggi “parlano come mangiano”: Pina che viene dall'Egitto parla in arabo egiziano, Gina che viene dal Kuwait parla l’arabo del Golfo, Tina che è libanese parla l’arabo levantino. Ognuno parla arabo con le sue varianti locali. Gli unici che parlano in arabo “elevato” (standard, per comodità) sono i religiosi nelle loro giaculatorie.

Anche i messaggi whatsapp sono nella variante locale. I testi dei social media, sebbene scritti, sono di fatto testi orali. A nessuno viene in mente di mandare un sms in arabo standard.

Se qualcuno ha voglia di fare un po’ di esercizio, sono disponibili i sottotitoli che comprendono sia l’italiano che l’arabo.

Già, ma quale arabo? L’arabo standard.

A parte le discrepanze inevitabili nel sottotitolaggio, c’è corrispondenza tra parole pronunciate dagli attori e quelle scritte nei sottotitoli? No.

Sembrano lingue diverse. Ma più che diversità, meglio parlare di variabilità.

Per chi ha imparato a convivere con arabo standard e variante locale, il processo di scissione contestuale e linguistico è quasi automatico. Per un adulto che vuole cominciare lo studio di questa lingua è una condizione difficile da accettare e può diventare frustrante.

Un termine di paragone, rozzo ma immediato, potrebbe essere “Gomorra”, parlato in napoletano coi sottotitoli in italiano. Per dare un’idea.

L'arabo standard ha un riscontro nella vita quotidiana praticamente nullo. Tuttavia nel 2005 venne trasmessa una serie di produzione giordana sul terrorismo, dove gli attori recitavano interamente in arabo standard. Il titolo era “At-tarīq al-wācer” (“La Strada Dissestata”). Non ha funzionato, il processo mentale che richiedeva era troppo artificioso per un prodotto d’intrattenimento, ambientato ai giorni nostri.

Dunque, quale arabo prediligere nello studio? 

Lo studente (adulto) dovrebbe chiarire il proprio obiettivo fin da subito: perché voglio studiare l'arabo? A cosa mi serve?

L’arabo standard è la variante che viene generalmente considerata per la didattica, anche ai fini di una certificazione (JFLT o ILA). Ma se lo studente è, poniamo, un militare in partenza per l’estero e tra i suoi obiettivi c’è quello di comunicare efficacemente con gli abitanti di quel paese, l’insegnante non può tacere l’aspetto duplice (quando non triplice) dell’arabo. Mettere insieme le variabili, standard e locale, è sicuramente un lavoro imperfetto, ma è quello più aderente alla realtà.

Un arabofono è certo più esposto ad input di variabilità linguistica che lo rendono capace di maneggiare agilmente ciò che per lo studente è complesso. Motivo per cui è facile che, per esempio, un Libico e un Siriano si capiscano se chiacchierano ognuno con la propria variante locale. È facile, ma non automatico. Vi sono elementi socio-linguistici che complicano le cose, come il livello o il tipo di istruzione, il contesto sociale, la persona stessa.

L’arabo è una lingua logica, ciò non significa che non sia anche complessa. La meraviglia sta anche in questo.

Nell'immagine: in alto, il fumetto verde è la “whatsappata” che arriva alla ragazza, May, in arabo levantino pronunciata dalla voce fuori campo . In basso, la stessa frase scritta in arabo standard:

May entì wen wsalti w-labacd

Ayna anti ya “May”? Hal wasalti am la?

Entrambe dicono la stessa cosa: “May, dove sei? Sei arrivata o no?”.

(N.B. per gli arabisti: volutamente non ho menzionato la parola “Fuṣḥa”).

 

 

immagine i corvi neriJPG